Splendida corte rinascimentale, ma anche residenza fortificata rispetto al sottostante piano del Mercatale, raggiungibile attraverso la grande rampa elicoidale ideata da Francesco di Giorgio Martini (rampa che poneva in comunicazione la residenza montefeltresca con le stalle della Data e l’esterno delle mura), il grandioso ‘palazzo in forma di città’ non ha qui bisogno di presentazione tanta è la sua notorietà. Voluto da Federico da Montefeltro che ne affidò inizialmente i lavori (intorno alla metà del secolo XV) al fiorentino Maso di Bartolomeo che inglobò nella nuova costruzione l’antico palazzo detto della Jole, è soprattutto opera del celebre architetto dalmata Luciano Laurana che diede il disegno dello splendido cortile d’onore e dello scalone e che innalzò i corpi di raccordo con il vecchio Castellare, provvedendo anche alla stupenda facciata dei Torricini.
Quando il Laurana lasciò Urbino nel 1472, lo sostituì Francesco di Giorgio Martini che portò l’opera quasi a compimento, provvedendo anche alla definizione della parte decorativa della facciata ad ali che guarda verso l’interno della città, giovandosi per l’esecuzione delle cornici di portali e finestre dello scalpellino-scultore milanese Ambrogio Barocci, lo stesso a cui si debbono le principali ornamentazioni delle grandi sale e saloni interni. Dopo la morte del duca Federico (1482) la grandiosa costruzione venne interrotta e solo nella prima metà del secolo XVI l’architetto Girolamo Genga vi aggiunse il secondo piano, sopprimendo la merlatura e non senza alterare purtroppo la fisionomia originaria dell’intero edificio sede oggi della Galleria Nazionale delle Marche.
"E' normale che ognuno tenda a dedicare subito il proprio interesse al Palazzo Ducale. Già l'aspetto esteriore della imponente struttura ci suggerisce la cura con cui il progetto è stato realizzato, seguendo il naturale procedere del terreno con i suoi dislivelli. La facciata con le due torri - i Torricini per gli urbinati- ed i balconi sovrapposti danno un tocco inconfondibile alla costruzione. L'ingresso è invece posizionato sulla facciata che si apre sulla Piazza intitolata al Duca Federico. Appena superato l grande travertino ci si trova nel Cortile d'Onore dove un porticato si sviluppa lungo tutto il perimetro quadrangolare. L'osservatore capirà subito che siamo davanti ad un abile gioco di geometrie, ritmo e proporzione. L'abbinamento dei mattoni con la pietra si offre a combinazioni cromatiche dal gusto raffinato. Le scritte incise nel doppio cornicione sono un chiaro atto celebrativo: "Federico Duca di Urbino, Conte di Montefeltro e Casteldurante, Confaloniere della Santa Romana chiesa e Comandante della Confederazione Italica, costruì questa casa innalzata dalle fondamenta per la gloria sua e della posterità / più volte combatté in guerra, sei volte riunì le schiere, otto volte mise in fuga il nemico e. vincitore di tutte le battaglie, accrebbe il suo dominio. La sua giustizia, la clemenza, la liberalità, la devozione eguagliarono ed onorarono con la pace le sue vittorie". Un tempo, quando ancora non si era messo mano all'ampliamento cinquecentesco che ha portato alla presenza dei due corpi superiori, arretrati rispetto al corpo originale, il cortile delle colonne monolitiche ed i capitelli corinzi, aveva ancora maggiore equilibrio architettonico, perfezione ed ariosità. Dal piano terra è possibile immettersi nei sotterranei dove si trovano le cucine, la neviera per la conservazione delle vivande e i forni; insomma tutti quei servizi che erano necessari alla vita della corte. Questi ambienti sono stati aperti al pubblico abbastanza di recente e danno ulteriori informazioni sugli aspetti meno ufficiali, più utilitari, della quotidianità rinascimentale(…). Dunque i seminterrrati sono parte integrante dello spirito ingegneristico che ha reso possibile questo palazzo. Prima di salire i gradini dello scalone che porta al piano nobile vale la pena fermarsi ancora qualche minuto a livello del Cortile d'onore ed entrare nella sala che contenne la Biblioteca del Duca. Di quella che Baldassarre Castiglione descrisse come la "suprema eccellenza del magno palazzo" rimane solo l'atmosfera, la decorazione del soffitto con l'aquila nera in pietra. I rarissimi libri greci, latini ed ebraici che rivestivano la stanza sono infatti stati integrati nella Biblioteca Vaticana dopo il passaggio allo Stato Pontificio nel Seicento. Negli ambienti adiacenti alla Biblioteca sono conservate alcune opere di Ambrogio Barocci, Si tratta di alcuni rilievi che rappresentano navi, macchine, strumenti. Un tempo questi lavori ornavano le spalliere dei sedili che scorrono lungo le due facciate ad ali nella zona dell'ingresso al palazzo. Sempre al piano terreno, tra il cortile d'onore e Piazza Rinascimento troviamo il museo Archeologico: cinque sale raccolgono una serie di antiche iscrizioni, riproponendo ciò che un tempo rappresentava il "lapidario" creato nel Settecento dal Cardinale Giovan Francesco Stoppani. Percorse le scale che conducono al primo piano vi è un itinerario quasi naturale per prendere contatto con le bellezze della residenza ducale. Le prime sale che si incontrano sono il cuore più antico della struttura. In breve si accede alla "nuova corte", si oltrepassano le stanze degli ospiti e si arriva così all'appartamento del duca, dove si incontreranno alcune delle cose più belle visibili in quella che è ora la galleria Nazionale delle Marche. Seguiamo rapidamente il succedersi delle sale e degli ambienti, con il loro contenuto. La Sala delle Udienze raggruppa due splendidi capolavori di Piero della Francesca (1415/20 - 1492): la "Madonna di Senigallia", nome che indica la città dove il quadro fu presente fino al 1917,e la "Flagellazione".
Dietro al balcone principale posto tra i Torricini troviamo un ambiente raccolto e spettacolare: lo Studiolo del Duca. Qui il lavoro di intarsio è stupefacente, la simbologia è talmente ricca da obbligare il visitatore a percorrere con lo sgurado centimetro per centimetro le pareti, per non perderne i segreti.
Ogni certezza svanisce invece davanti alla "Città Ideale". Il dipinto proviene dal Monastero di Santa Chiara di Urbino, ma non se ne conosce la sua funzione originale né tantomeno l'autore.
La critica ha spaziato nelle attribuzioni andando da Piero della Francesca a Frà Carnevale, coinvolgendo poi gli architetti Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini e Luciano Bramante.
A tutt'oggi non vi sono paternità sicure per questa scena di grande silenzio e solennità. I tanti misteri che circondano la città dal geniale impatto prospettico hanno reso il quadro ancora più affascinante, consacrandolo ad emblema del Rinascimento italiano.
Terminata la visita all'Appartamento del Duca, il visitatore ha ancora a disposizione varie sale per completare il primo piano del Palazzo. Amplissimo lo accoglie il "Salone d'Onore", chiamato anche "Salone del Trono" per via del trono papale durante il dominio dello Stato Pontificio (1631 - 1861). La "Sala delle Veglie", che reca l'impronta progettuale di Francesco di Giorgio martini, immette negli ambienti che costituiscono l'Appartamento della Duchessa. Qui troveremo ancora mirabili opere d'arte, fra cui ricordiamo il "Ritratto di gentildonna", quadro di Raffaello conosciuto anche come "La Muta", a cui si affianca la "Santa Caterina d'Alessandria", opera giovanile del pittore urbinate.
La Camera della Duchessa, il Guardaroba e la Stanza della Preghiera chiudono l'appartamento. Il secondo piano del Palazzo ci sposta in un'altra epoca, segna l'idelae passaggio dai Montefeltro ai Della Rovere. L'ampliamento venne infatti voluto da Guidubaldo II Della Rovere, inglobando le originali merlature del Palazzo, secondo il progetto di cui fu incaricato l'architetto Gerolamo Genga. Tante le opere d'arte che il visitatore potrà ammirare anche in questa ulteriore porzione della Galleria Nazionale delle Marche."
Lo studiolo doveva essere il luogo di raccoglimento e di riposo del Federico "guerriero". Quanto illustrato sulle pareti può essere interpretato come la "summa" simbolica dell'ideale di vita del duca, con l'astronomia, la musica, le arti, i libri, e l'architettura che ne rappresentano gli interessi. Le tarsie vennero realizzate nella bottega del Fiorentino Baccio Pontelli probabilmente su disegno di Francesco di Giorgio Martini. Nella porzione superiore dello studiolo erano collocati 28 ritratti di "uomini illustri" disposti su due ordini, opera di Piero Berruegete e Giusto di Gand. Oggi una parte degli originali, sottratti nel 1632, si trovano al Museo del Louvre a Parigi. Il soffitto è invece dovuto all'abilità di Giuliano da Maiano e della sua bottega fiorentina. Utilizzando la scala a chiocciola del Torricino di destra si può scendere al piano inferiore e visitare due ambienti ristretti e nuovamente simbolici: la "Cappellina del Perdono" ed il "Tempietto delle Muse". Un abbinamento che pare esaltare in pari modo la divinità Cristiana e le figure mitologiche classiche. La prima ha come ornamento la volta arricchita di cherubini, il secondo comprendeva invece Apollo e le Muse. Otto tavolette realizzate da Giovanni Santi, padre di Raffaello, e Timoteo Viti. Le opere sono oggi nella Galleria Corsini di Firenze.
Quest'ultima era originariamente collocata nella cattedrale di Urbino, e rappresenta in assoluto uno dei lavori in assoluto più importanti e più enigmatici dell'artista di Sansepolcro. Tante sono le ipotesi sui personaggi che vi si raffigurano e tante le letture simboliche che hanno suscitato l'opera. L'interpretazione tradizionale individua nel giovane biondo, al centro, il fratellastro di Federico, Oddantonio, morto vittima della congiura del 1444, ritratto fra i due cattivi consiglieri. Un'analisi più recente legge nella porzione di sinistra del quadro la rappresentazione delle difficoltà della Chiesa, mentre a destra il giovane biondo sarebbe Buonconte, figlio di Federico, morto di peste.
L'ultima stanza dell'Appartamento del Duca è la "Sala degli Angeli" , così chiamata facendo riferimento ai fregi di Domenico Rosselli (1439 - 1498) che ornano il camino presente al centro della sala. Le lunette e le porte intarsiate arricchiscono questo ambiente che custodisce due dipinti estremamente celebri in tutto il mondo come la "Città Ideale" e la "Profanazione dell'Ostia". Di quest'ultima opera vi è ampia documentazione. Venne realizzata da Paolo Uccello tra il 1465 e il 1468 per l'Oratorio della Confraternita del Corpus Domini di Urbino. Con impostazione molto moderna, quasi una "story board", l'autore narra in sei episodi il presunto miracolo avvento a Parigi nel 1290.
AA.VV. Urbino Guida d'Arte, Edizioni l'Alfiere, 2001 Villa Verucchio (Rn)